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Il tempo della durata del colloquio è flessibile e non può essere stabilito a priori con esattezza. Tuttavia, in genere 30/45 minuti sono sufficienti per iniziare il cambiamento. In realtà, è importante sottolineare che una regressione della problematica avviene già subito dopo la decisione di chiedere assistenza, poiché ciò presuppone che vi sia stato un atto cosciente di consapevolezza e di accettazione del disturbo e si sta, quindi, passando ad un processo di reazione.

La persona che chiede soccorso, per sé, per un amico o per un parente, ha bisogno di una valutazione che l’aiuti a comprendere la situazione che desta preoccupazione. Il quadro clinico psicologico e l’analisi dei fattori scatenanti potranno indicare il tipo di terapia e lo specialista più idoneo, che potrà essere scelto in autonomia dall’utente stesso.

Alcune persone timorose e con frivoli pregiudizi sono ancora convinte che solo i “pazzi” vadano dallo psicologo. È una credenza che deriva principalmente da fattori ambientali e culturali, che grazie all’evoluzione sociale si sta sempre più mettendo in dubbio. Coloro che sono attenti e sensibili al proprio stato di salute si rivolgono allo specialista abilitato che abbia concluso gli studi accademico-scientifici specialistici, che possa così valutare compiutamente e trattare al meglio il malessere.

Rivolgersi allo psicologo vuol dire riconoscere un problema della sfera psicologico-emotiva ed essere consapevoli che la propria situazione può migliorare e che quindi si ritiene di aver bisogno di una consulenza professionale; così come andiamo dallo pneumologo se soffriamo di apnee notturne. Andare dallo psicologo vuol dire agire in maniera responsabile, poiché è il professionista che ha le risorse e gli strumenti più adatti per prevenire l’aggravarsi di problemi che potrebbero condurre ad un disagio psicologico o fisico più grave di quello attuale.